Tutte queste cose, compresi asilo, ricoveri, “casa dell’amore”(1), centri scolastici, centri di incontri e “agorà”(2) per amministrare collettivamente la giustizia, si troveranno tutti nell’edificio a sfera, previsto galleggiante antisismico e rotante antiorario per l’insolazione omogenea, ottimale anche per il recupero di energia alternativa.
Potrà anche essere completamente racchiusa e areata artificialmente in caso di inquinamento dell’atmosfera.
Oltre al giardino, all’orto, alle piante che ogni abitante troverà al suo piano d’abitazione, a piano terra, su una superficie di 12 ettari, ci sarà (facendo le corna) il cimitero, per me auspicato in un grande forno crematorio.
Ci sarà anche una piccola azienda agricola dove i giovani potranno capire che il latte è prodotto dalle mucche e non dalla Centrale, le ciliegie dall’albero e non dall’industria e dove constateranno che il cavallo ha la coda, non come timone ma per liberarsi dalle mosche.
Gli accessi al territorio della città sono previsti su quattro fronti (Nord-Est, Sud-Ovest) e confluiranno in un parcheggio perimetrale calcolato per una quantità di automobili, pari alla metà di quella necessaria oggi, in quanto l’automobile non sarà più indispensabile per la vita di tutti i giorni, ma si avvicinerà ad essere come quella di una volta, fine a se stessa, soprattutto svago per andare a spasso dove si vuole.
Il collegamento tra il parcheggio e l’abitazione, oltre che a piedi, sarà per via tapis roulants. Dalla sfera e dal suo territorio è esclusa la zona industriale prevista secondo la possibilità offerta dall’ambiente a disposizione a debita distanza e collegata alla città da autotrasporti elettrici pubblici.
Per continuare a chiarire la filosofia della mia Città Ideale aggiungo che questa città è possibile anche perché non esisteranno più le categorie, in quanto per me gli uomini e le donne possono essere intelligenti o cretini, educati o ineducati, a prescindere dalle loro classi sociali. Tutti saranno professionisti pari grado, pari grado saranno quelli che costruiscono le case e quelli che puliscono i gabinetti e ben vengano questi ultimi così gli altri avranno più tempo per approfondire la loro conoscenza.
Faccio presente, inoltre, che il numero di 25.000 abitanti non è casuale, ma è determinato dalla percentuale di utenti necessari perché un ospedale, modernamente attrezzato, possa autogestirsi.
A tutte queste sintetiche chiarificazioni ne aggiungo un’altra per chi, eterno orripilato dai cambiamenti, voglia insistere a definire la mia città un’ “utopia”, asserendo che è un assurdo pensare di abbandonare le città attuali.
Aggiungo cioè che, secondo la massima “errare humanum est, perseverare diabolicum”, ritengo meglio abbandonare le nostre vecchie città piuttosto che autodistruggersi, continuando a viverle illudendosi di poterle rendere attuali e confortevoli; abbandonarle non vorrà dire distruggerle; si abbandonerebbero naturalmente poco alla volta, cioè non insistendo più a ristrutturarle, ma costruendone altre ex-novo, secondo le necessità di oggi e, per esempio, come propone la mia Città Ideale.

 

pagina precedente 3|4 pagina seguente            torna alla Citta' Ideale  |  posta elettronica

@Città Ideale 2000-2001-2002